Sandro Serradifalco è editore, critico, saggista, responsabile editoriale di ART NOW e deus ex machina di ARTISTI, l’Annuario Internazionale d’Arte Contemporanea che da marzo 2019 distribuito negli store Mondadori di tutta Italia, con l’ambizione di diventare il punto di riferimento per collezionisti, mercanti e galleristi, mezzo di consultazione indispensabile per operatori del settore ma anche semplici amatori.

Caro Sandro, ma il collezionista d’arte, questa fantomatica e inafferrabile figura, chi è veramente?

Non è facile dare una definizione esatta di collezionista. Ne esistono diverse “varietà”, tutte quante sospinte da pulsioni che spesso rasentano la mania pura. In questi anni  ho conosciuto gli “accumulatori seriali”, capaci di trasformare le loro abitazioni in depositi museali, accatastando senza alcuna apparente logica tele, stampe, sculture e oggetti di ogni genere. Costoro sono gli amanti della bellezza, nelle loro collezioni ti perdi, andando alla ricerca di un fil rouge che conoscono solo loro. Poi esistono i “fissati”, innamorati di un determinato periodo o di un preciso soggetto. Le loro sono le collezioni più impegnate e sofisticate, frutto di una perenne ricerca. Tra i tanti amo citare Emilio Gargioni, considerato il principale collezionista europeo di opere d’arte sul tema del rinoceronte, con migliaia di pezzi tra dipinti, sculture stampe e oggetti vari, spesso commissionati ad artisti contemporanei. Abbiamo i “collezionisti di firme”, sospinti dalla necessità di avere il più possibile. Nella loro raccolta trovi serigrafie, dipinti di discutibile valore e autenticità, per poter affermare “ho un Braque”, “ho un Matisse”. Infine ci sono i “mitomani”, frequentatori assidui di rigattieri di ogni specie, convinti di scovare e comprare dei Rembrandt o dei Renoir. Gli stessi che poi tempestano di email storici e fondazioni per trovare appoggio alle loro farneticazioni. Va detto comunque che ogni tanto qualcuno ci azzecca. Il collezionismo è comunque conseguenza di grande amore. Andrebbe tutelato, perché tante sono le donazioni pubbliche provenienti da una primordiale e inspiegabile voglia di “avere per me”. Dietro a una collezione si celano avvincenti e complesse vicissitudini esistenziali. La storia di una collezione è la storia di una vita. È triste  quando l’acquisto di un’opera è spinta da fini speculativi. Ma ciò non ha nulla a che vedere col collezionismo.

Hai paragonato l’arte a un vasto oceano creativo, fatto di “acque torbide e cristalline, pesci belli e mostruosi, vita e morte”: cosa intendevi dire?

Andreas Mcmuller – Gold queen – foto digitale, quadro tiratura limitata, canvas alta qualità o museum, mode, cm 100×70 – Courtesy Sandro Serradifalco

La metafora, rubata a Vittorio Sgarbi, descrive un vasto scenario fatto di pittori, scultori, fotografi e creativi di ogni tipo. Quanti di questi soggetti sono conosciuti? Solo una minima percentuale. Le loro creazioni, come i pesci dell’oceano, sono belle o brutte, interessanti e insignificanti. Alcune sono visibili in superficie e godono della luce della popolarità, altre rischiano di essere relegate negli abissi. Il mio compito da quasi vent’anni è quello di catalogarle, divulgarle dando quindi visibilità. Al destino e al loro talento il compito di ottenere il meritato successo.

L’arte è un bene assolutamente non necessario, eppure tutti vorremmo possedere un quadro (e molti già ne hanno anche più di uno): cos’è questa “magia”?

Sostenere che l’arte e la creatività siano beni non necessari significa ignorare la realtà. Noi siamo circondati di arte, indossiamo arte, ascoltiamo arte, viviamo d’arte. La creatività dell’uomo si manifesta in ogni cosa. Dalla facciata di una chiesa a un paio di scarpe da ginnastica. Non dobbiamo quindi stupirci che in casa si appendano ancora quadri, che i detenuti rendono meno tristi le pareti di una cella o che in periferia o nei centri storici trasandati dilaghi la street art. La magia dell’arte non è altro che la magia della vita.

Quale, fra i tanti mezzi espressivi, domina il campo in Italia? E quali sono secondo te gli scenari futuri?

In Italia e comunque in Europa le tecniche tradizionali la fanno ancora da padrona. La pittura è sempre il mezzo prescelto per esternare la propria creatività. Dall’inizio del mio percorso professionale ho notato con piacere l’affermazione della fotografia. Fino agli anni ’90 non era pensiero comune considerare uno scatto come opera d’arte, era frequente l’affermazione “E che ci vuole a fare una foto?”. Oggi la fotografia è stata rivalutata, anche se si tende a dimenticare la tecnica. D’altronde viviamo nell’era degli smartphone. Quali scenari futuri prevedere quindi? Credo che la qualità alla fine ripaghi sempre, quindi, terminato da decenni il tempo delle sperimentazioni estreme, mi auguro un nuovo e prossimo “ritorno all’ordine”.

Un consiglio al neofita che volesse iniziare a comprare arte?

Semplicemente studiare, perché non sempre l’istinto è un buon alleato e il gusto personale è spesso condizionato dalle mode passeggere. Ci sono artisti protagonisti non secondari della storia dell’arte del Novecento italiano acquistabili ancora per poche migliaia di euro. Il mercato li ha dimenticati, nonostante i loro nomi figurino nei testi di storia dell’arte e le loro opere nei musei di mezzo mondo. Una collezione di qualità dovrebbe avere sempre una rilevanza storica. Parallelamente è corretto puntare sulle giovani leve: piccoli investimenti, assecondando più la prima impressione.

Sei tu acquistassi l’opera dei tuoi sogni, la terresti in una stanza isolata e vietatissima come quel personaggio del romanzo di Houellebecq o la vorresti condividere con qualcuno?

L’opera dei miei sogni (anzi: le opere) non sono acquistabili da nessuno. Sono custodite in musei e chiese. Dovrei commissionarne il furto e conseguentemente non potrei farle vedere a nessuno. Ma che senso avrebbe tenere Guernica o “La vocazione di San Matteo” in casa? Sono comunque parte della mia vita: come dei cari amici, sono lieto di andarli a trovare quando posso.

Ma è veramente già stato inventato tutto in arte? O secondo te dobbiamo aspettarci…l’inaspettato?

Se vivessero oggi, Caravaggio o Michelangelo si cimenterebbero attraverso la pittura o la scultura? L’arte è condivisione di pensieri e sentimenti, quindi ci sarà sempre da inventare. Va considerato che da oltre cinquant’anni la pittura sembra aver perso il primato dell’”inaspettato”, fagocitata dal déjà vu. Spero in un “De Chirico 2.0”, ma all’orizzonte per ora nulla di nuovo.