Singolare. Non diversamente, credo, potrebbe essere definita in modo più        sintetico e puntuale la pittura dell’emiliano Marcello Vandelli. Singolare perché corrispondenza di una precisa individualità, non solo artistica, ma anche di pensiero, con una visione delle cose ben precisa, che se anche non fosse ritenuta originalissima, è inquadrata e codificata in un modo difficilmente assimilabile ad altri.

Singolare anche per via dell’eterogeneità delle soluzioni formali attraverso cui quella individualità di pensiero comunica, la maggioranza delle quali trova pochi riscontri al di fuori del proprio contesto. La premessa a qualunque discorso su Vandelli va rinvenuta in un’affermazione dello stesso: l’arte è l’espressione massima della coscienza. Più di qualsiasi discorso verbale, quindi, più di qualunque scritto compiuto.

Possibile? Sì, se intendiamo la coscienza come qualcosa di verbalmente indefinibile, o quantomeno di sfuggente alle possibilità descrittive ed esplicative del linguaggio verbale. Se la coscienza non è, né mai potrebbe essere prosaica, come sospetto che Vandelli creda,  allora solo l’arte, per via dell’intrinseca liricità della sua natura, potrebbe coglierne il senso, seppure traducendolo in termini necessariamente indiretti, allusivi piuttosto che esplicitamente dichiarati. Nell’essere, dunque, campo di riflessione filosofica sul senso della vita, l’arte di Vandelli comunica secondo un registro che è lecito definire simbolista, accompagnando ciascuna creazione con apposite legende interpretative. La singolarità sta nel fatto che la simbologia di cui Vandelli si serve è in gran parte inedita, distorcendo molte delle relazioni semantiche fra concetto e immagine a cui siamo abituati. Vandelli, per esempio, è cristiano, ma in un modo anomalo, quasi ereticale, direbbero i più integralisti, al punto da permettersi, come un nuovo campione della patristica, di attribuire al Salvatore una metafora altrove ignota, l’ancora, oppure di capovolgere la simbologia più tradizionale (il pavone, che da emblema del lutto diventa di buon auspicio). Il tutto ricorrendo a una pittura modernissima, estremamente mobile e duttile, il più delle volte in modo poco prevedibile, solo in qualche caso assomigliando al Licini più angelico o allo Schifano più liquido.

www.vandellimarcelloartist.com

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